Come il senso del tatto concorre a costruire la nostra immagine del mondo

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I ricercatori del Centro “E. Piaggio” dell’Università di Pisa hanno verificato una nuova ipotesi che dimostra come il senso del tatto ci fornisca informazioni per ricostruire la nostra immagine del mondo, a partire dai dagli stimoli che la realtà ci offre. Lo studio è stato pubblicato da Current Biology, che da 25 anni diffonde contenuti innovativi e di ampio interesse nel campo della biologia. “I nostri sensi – spiega Matteo Bianchi, del Centro di Ricerca “E. Piaggio”, tra gli autori dell’articolo – ci permettono di costruire un’immagine mentale di come è fatta la realtà, interpretando i dati che raccogliamo attraverso la vista, il tatto, l’udito e l’olfatto.
Questa integrazione sensoriale però non è perfetta e può portare a degli inganni sensoriali. È possibile trovare molti esempi di come il senso della vista possa essere “ingannato” attraverso giochi prospettici. Nell’articolo citiamo la galleria che l’architetto Borromini costruì a Palazzo Spada, lunga solo 8 metri, ma che sembra lunga 37 per via di un complicato gioco tra colonnato, soffitto e pavimento, che fa convergere tutte le linee prospettiche in un unico punto, dando così l’illusione di essere molto più lunga”.

In modo analogo si può “ingannare” il senso del tatto, inducendo i nostri sensi a costruire un’immagine mentale della realtà diversa da quella che in effetti abbiamo davanti: “Quando vediamo un oggetto che si avvicina abbiamo la sensazione che si ingrandisca – continua Bianchi – Allo stesso modo, abbiamo ipotizzato che quando tocchiamo con un dito una superficie, se l’area di contatto tra la superficie e il dito incrementa in maniera non prevista, come avviene quando tocchiamo oggetti più morbidi, la sensazione di ritorno è quella di uno spostamento maggiore del dito. Questo perché nella nostra immagine mentale del mondo esterno, costituita da un bagaglio di conoscenza pregressa, esperienze e teorie, assumiamo che alcune proprietà degli oggetti, come la rigidità di una superficie, siano invarianti. Se queste vengono fatte mutare  a nostra insaputa, cerchiamo di fornire una spiegazione in cui  queste proprietà restino stabili, mentre e a mutare sono altre variabili, per esempio, nel nostro caso, la posizione del nostro dito rispetto all’oggetto”.

Nell’esperimento messo a punto al Centro Piaggio, i soggetti venivano bendati e il loro dito spostato verticalmente in alto e in basso in maniera passiva. Nel contempo, il polpastrello era a contatto con una superficie. Senza che i soggetti ne fossero a conoscenza, la morbidezza della superficie veniva fatta variare casualmente, quindi a volte era più dura, e l’area del dito in contatto con essa era inferiore, a volta era più morbida, e l’area di contatto sul dito maggiore. Nonostante lo spostamento del dito non variasse mai tra le varie condizioni, i soggetti riportavano la sensazione di un movimento maggiore a contatto con la superficie morbida.

“L’interesse dello studio è più generale – conclude Bianchi – perché evidenzia alcune delle regole con cui gli stimoli sensoriali vengono integrati nella nostra rappresentazione della realtà, aprendo prospettive interessanti che possono guidare la progettazione di nuovi dispositivi robotici e ingegneristici’’.